Mio padre voleva un maschietto ma ahimè sono nata io.
Ci ho messo un po’ a comprendere l’universo femminile, intenta com’ero a fare finta di essere un osso duro.
Un’anima fragile nascosta dietro a quella maschera da super tosta che non mi permetteva di mostrare di avere timori, che mi rendeva impassibile a fiori, borsette, nastrini e che faceva sì che mi lanciassi dallo scoglio più alto di tutti, spavalda.
Di questa voglia di compiacere mio padre mi sono successivamente liberata e ho compreso l’impagabile libertà dell’essere noi stessi, ma questa è un’altra storia.
Il finto maschiaccio è cresciuta disdegnando i gruppetti di ragazze che salutandosi sono tutte gridolini… ‘ma comeeee ti trovo beneeeee’ e apprezzando, al contrario, la ferocia degli uomini; trovandola più vera, più congeniale: “quei pantaloni ti fanno un culo come una portaerei”.
Pane al pane vino al vino, insomma. Nessuna maschera. Forse ero paga della mia.
Con il tempo, smettendo di contrastare la natura, mi sono al contrario avvicinata e innamorata della solidarietà femminile. Ho capito quel linguaggio comune delle donne, incomprensibile ai più.
Sarà stato forse grazie all’analisi della quantità infinita di sbattimenti che, quotidianamente, il “sesso debole” (le virgolette sono volute) si trova ad affrontare senza fare un plissé.
Senza prendere in considerazione grandi temi come il riuscire a conciliare la figura di amante, moglie, madre e professionista,
«basti pensare a rituali semplici come:»
Truccarsi
Non basta la sveglia che tira giù dal letto come una moderna tortura cinese, prima di uscire, quando gli occhi ancora non sono abituati alla luce, una donna deve impiastricciarsi la faccia per sembrare più attraente.
Eh no. La devono vedere tutti la fatica che faccio per trascinarmi fuori di casa.
Dev’essere plateale, altroché.
E invece poi ti ritrovi davanti allo specchio a cercare di coprire quella nuova e fastidiosissima ruga che ha deciso di fiorire sul tuo viso durante la notte, a tua insaputa.
Fosse anche solo per non sentire l’ennesimo collega che, guardandoti preoccupato, ti chiede se sei stanca. E tu, che invece alle nove della sera prima dormivi, rispondi mentendo spudoratamente con “si…guarda…una nottataccia…”
quando l’unica cosa che vorresti urlargli è:
“Non sono stanca, ho semplicemente passato i 25. Chiaro?”
La ceretta
Non c’è molto da aggiungere se non che quando sento di un uomo che si depila mi viene sempre in mente Il detto chi ha il pane non ha i denti
Le cura del corpo: le creme
D’inverno dopo la doccia si rischia l’ipotermia, d’estate, chiudere i pori con qualcosa che assomiglia al burro fa si che si abbia bisogno immediatamente di un’altra doccia, il tutto naturalmente per cercare di combattere i segni del tempo dati dalla stessa gravità che agli uomini fa un baffo (o li rende più attraenti…così come i capelli bianchi, ça va sans dire).
Infilarsi la biancheria intima
La prima volta che si infila un reggiseno che ti comprime la cassa toracica manco stessi cercando di battere il record mondiale di apnea, ti sembra uno scherzo. Per non parlare del pizzo o del perizoma.
Lo so cosa state pensando.
È vero che dopo un po’ sono più comodi sia l’uno che l’altro e che, paradossalmente, lo slip che finisce proprio lì in mezzo è intollerabile.
Vero.
Ma è quel dopo un po’ che viene decisamente dimenticato troppo in fretta.
I collant
Strumento di tortura per antonomasia non mi hanno mai avuta.
Facevo delle sceneggiate a mia madre, scappando per tutta casa che, in confronto, quelle napoletane degli anni ’30 erano per principianti.
Continuo a evitarli anche adesso, pure nei giorni della merla.
C’ho i testimoni…e una sola altra amica matta come me alla quale non puoi nemmeno nominarli (probabili traumi infantili simili).
«Eccoci qua, dovevamo arrivarci prima o poi:»
Il ciclo
Potrà mai un uomo comprendere cosa significhi:
– avere dei coltelli infilati nei reni per due giorni,
– aspettare di esplodere da un momento all’altro,
– non riuscire a dormire sulla pancia perché il seno ti fa un male inspiegabile manco fossi Pamela Anderson,
– avere un mal di testa sibillino e costante,
– ritrovarsi in faccia quel dannato brufolo a cui ormai abbiamo dato un nome visto che ci viene a trovare ogni mese,
– vedersi brutte con lo stesso vestito con cui solo una settimana prima ci sentivamo su una delle passerelle primavera estate 2015 di Parigi,
– avere delle vampate di calore a dicembre che manco a Erg Chebbi,
– fare una dieta e mille sacrifici e poi…
e poi nemmeno hai ancora mal di pancia che già ti aggiri per casa fiutando tracce di cioccolata come fossi un segugio. Vanificando i precedenti venti giorni di dieta nel giro di due ore.
– avere un solo week end a disposizione per andare al mare con il proprio uomo e…avere un anticipo di una settimana.
Lo smalto sui piedi
Equazione elementare:
base per non rovinare l’unghia + smalto + lucido: 40 minuti per asciugare = 30 secondi di scarpa per tornare al punto di partenza (+ soldi spesi inutilmente)
Struccarsi
Torni devastata da una giornata infinita. Sbrighi tutte le faccende che ti stavano aspettando (sulle quali ho appositamente soprasseduto). Ti rilassi sul divano. Ti addormenti. Ti svegli con le formiche su parti indefinite del corpo. Ti trascini in bagno per lavarti i denti. Ti strucchi…
e l’acqua sul viso ti sveglierà irrimediabilmente.
E poi tocca sentire di uomini che si sposano ma non indossano la fede perché gli arreca tanto ma tanto fastidio.
Ma per piacere.